giovedì 27 marzo 2014

BSOL : Blue Screen Of Love

“And the Oscar goes to…”

La frase magica, quella di una vita. Quella che suona come il fischio finale dell’arbitro nell’ultima partita di un mondiale, che luccica come il display che fa brillare un nuovo record. Un titolo, un nome, qualcosa scritto sull’unico libro che non brucia, che aumenta ogni giorno di volume: il tempo.
Storie belle, bellissime, a volte no. Opere d’arte, non comprese da tutti, ma d’altronde se tutti capissero tutto non ci sarebbe nulla da studiare…

“And the winner is…”

Il tuo nome, il tuo lavoro. Ogni goccia del tuo sudore prende un peso particolare. Ogni lacrima, ogni stilla di sangue buttata in nome di una idea; perché sì, ci credi, è quella giusta! È il giusto modo di interpretare, sono le giuste luci, i costumi perfetti, le battute migliori, il suono più paradisiaco.
È la giusta forza, il giusto effetto, la partenza esatta, la curva più spinta…

“Thank you, grazie, merci, Danke”

Sì sono io, sono sulla cima dell’Olimpo, “sono il re del mondo!” come Di Caprio sul Titanic. Sofferenza, dolori, insonnia…

Pensare, pensare, pensare…

Adesso sognare. Solo realtà.

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Queste poche righe sono per me l’idea della vittoria, la giusta introduzione per fare un po’ di sano spoiler- commento su un film che ha portato a casa una statuetta.
No, non vi parlerò della Grande Bellezza ( o almeno non ora ), ma dato il mio essere romantico vi parlerò di un altro dei film al centro dell’attenzione.
Dai, un po’ di sano spoiler va bene, se non altro perché vi aiuterà ad apprezzare meglio il film se non lo avete visto ancora, o a capirlo se già avete avuto questa fortuna.
Vi parlo di “HER”, o “LEI” in versione italiana, con protagonista un grandissimo Phoenix.
Prima di introdurvi alla mia visione del film, vi riporto alcune critiche che girano on line:
“Un film violento, violento contro lo spettatore”. The Guardian.

“Oscar alla Grande Bellezza, ecco perché”. Le Monde.

“Miglior sceneggiatura originale, ma ad Aldo un decennio fa piaceva il TomTom”. Il Corriere della Sera.

“Siri vaffanculo, il film”. The Japan Times.

“Purtroppo solo fantascienza, il sogno di spegnere la fidanzata”. Focus.

“Un film blasfemo, la cover deve coprire tutto tranne la fotocamera”. Al Jazeera.

“3 attori e 4 doppiatori, i nuovi colossal low-cost”. Financial Times.


Ecco quello che gira su internet. Qualcuno diceva “nel bene o nel male, purchè se ne parli”, ed è una frase giustissima (giusto un po’ meno il comportamento di chi la diceva, ma lasciamo stare…) per il caso. Ma io vi offro la mia visione del film o, meglio, della storia d’amore che è al centro del film.
Nella vita reale non tutte le storie durano in eterno, finiscono anche dopo molto tempo, e quasi sempre uno dei due è ancora molto innamorato. Una storia importante inevitabilmente prende il posto di gran parte dei neuroni che abbiamo nel cervello, e si impianta lì rimanendo in testa per molto. Una mosca, o meglio una falla che si cerca di tappare subito per evitare che ne esca fuori sofferenza. Immaginate di riempire un palloncino, di esservi sforzati davvero tanto e poi puff, un forellino o un buco vero e proprio che lo fa sgonfiare. La prima cosa che si cerca è scotch, nastro di qualsiasi natura, e il palloncino si tappa.
Ma non è più lo stesso palloncino.
Nastro su nastro, colla, l’aria non esce, ma il palloncino non è più lo stesso, e prima o poi dovremo buttarlo.
Ecco, per tappare la falla dalla quale uscirebbe sofferenza in forma di ricordi si cerca la forma più semplice e immediata di contatto, nonché la più forte: il contatto corporeo, che coincide con la sessualità nel caso dell’amore.
Poco importa chi o che cosa, brutta o bella: la questione fondamentale è il contatto. Ed ecco che la corporalità, o meglio la considerazione del corpo scompare, si abbandona l’importanza dell’apparenza in favore della ricerca del piacere personale. E quando ad una persona togli il corpo, resta l’anima o, nel caso di contatto di tipo sessuale, la voce. Ecco perché si cerca la voce amica al telefono, o ecco perché la fase successiva è la voce amica che esce da un computer.
Ma cosa succede se la voce amica inizia a stimolarci? Cosa succede se quella voce inizia, in modo figurativo ,a scoprire pian piano quel cerotto che copriva tutto? Inizia ad uscire fuori il ricordo, ma il ricordo che fluisce piano piano non diventa depressione o nostalgia, ma si trasforma in stato d’animo. Se pensate ad un disastro nella sua interezza sentite tristezza e sconforto immediatamente, ma se lo pensate attimo per attimo ciò che succede è che l’ansia inizia a salire… ciò che istantaneamente arriverebbe in testa in modo immediato parte lentamente dal cuore.
Ecco cosa succede.
Se ci piace l’anima di una persona, ecco che la corporalità non diventa importante. E quale è il modo migliore per rendere partecipi gli altri della nostra anima? La voce.
La situazione da fotografare è questa: lui, fuori da una storia, che cerca di ricominciare lentamente; lei, nuova, che cerca di cominciare. Lui che dice arrivederci alla corporalità, lei che non ancora la conosce…
Si incrociano. Si seguono. Crescono insieme, ma lei più rapidamente. Si potrebbe quasi dire che l’elettronica si scalda più rapidamente del cuore umano, volendo passare ad un commento tipo leggi di trasmissione del calore, ma non lo diciamo ;) .
Ed ecco che cosa succede. Si trovano ad uno stesso livello, ma da due parti opposte, come su una gaussiana il cui picco è l’amore fisico. Lei sale rapidamente, ed arriva alla spasmodica ricerca del contatto fisico.



Lui, che arriva a questo nuovo amore dopo la sessualità, è più lento nella risalita, perché per inerzia è portato a cercare un tipo di amore che lo soddisfi spiritualmente.
Quando lei si trova sulla sommità, quando arriva a “imporre” il contatto fisico lui cerca questa risalita, ma l’inerzia del rapporto dal suo punto di vista fa sì che non ci riesca. Ci prova, cerca di nuovo la pura corporalità, ma quando l’amore vince nel suo animo egli cerca di legare la corporalità all’animo della persona che ama, e che non è quella che ha davanti. Ed è qui, davanti a due bisogni che non vanno d’accordo l’uno con l’altro, che si rovina il rapporto.
Le fasi finali, per i due protagonisti, sono completamente diverse. Lui, l’uomo, sente il sentimento della gelosia. Lei, la macchina, sente il sentimento dello “sharing”, che non ammette gelosia. Se chi amiamo ci dice di stare bene con altre 10000 persone, nessuno di noi si sente unico e abbandona la persona amata. Moltiplicate questo gesto per  10000 e avete la chiusura del sistema operativo dell’anima, che non si sente più amata da nessuno e per questo non ha ragione di esistere. Il sistema operativo esiste se c’è qualcuno a dargli l’imprinting, ma se lo abbandoniamo e non lo alimentiamo più con i nostri stati d’animo allora muore.
Ed ecco che ci ritroviamo soli, ma colleghi di sofferenza con chi ha passato le nostre stesse avventure, e che può offrirci un abbraccio, un contatto fisico unito ad un sentimento, un qualcosa che non presenti differenziazione fra contenitore e contenuto, il giusto punto di partenza per tornare ad innamorarsi di nuovo di una persona vera.


Questa è stata la mia visione del film. E la vostra?




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