venerdì 23 gennaio 2015

La magia della scienza

Non ricordo sia mai successo ...
Anzi, forse proprio non è successo: film candidati all'Oscar, film blockbuster da grandi botteghini.
Film che non sono boiate pazzesche (anche se, lo ammetto, rido di continuo per il trailer di Maccio) ma che raccontano vite di grandi uomini del passato (Turing)  e del presente (Hawking).
Non posso crederci. Eppure voglio crederci.
Perché in fondo, a pescare nella grande storia del mondo, dei grandissimi personaggi, ce ne sarebbe per kolossal da qui al 2200.
E dire che quelli pescati sono grandissimi
personaggi per gli addetti ai lavori (tranne Hawking, che il grande Groening e gli infiniti Pink Floyd hanno inserito nelle loro produzioni), ma non sono dei più noti al pubblico di massa,  e forse è anche per quello che risultano vincenti.
Incuriosiscono, anche grazie all'avvincente costruzione della pellicola, alla meravigliosa colonna sonora.  Si fanno amare, perché per chi se lo fosse scordato il computer è nato dalla mente di uno degli omosessuali più famosi della storia (e qui invito alla riflessione qualche omofobo), mentre le meraviglie del nostro Universo si sono dispiegate davanti ad un piccolo uomo purtroppo malato.
E si piange. Si piange perché, alla fine, capisci che quei personaggi sono meno famosi di tante soubrette e farfalline varie, hanno salvato milioni di persone e praticamente nessuno li conosce, studiano da decenni quell'unica formula che è forse il sinonimo più prossimo di Dio e forse chiunque di noi potrebbe rubargli il posto al supermercato.
Si piango, ma anche un po' di gioia, perché quando vedo opere di questo tipo torno a pensare alla meraviglia del cinema e al perché è nato e al motivo che io attribuisco alla sua nascita: insegnare con le immagini.
Alan e Stephen, benvenuti nel club di quelli sulla bocca di tutti almeno per un po'.

Almeno fino al prossimo di Zalone.

mercoledì 7 gennaio 2015

#speakfreecharlie

Oggi è una giornata particolare. Sì perché oggi è stata attentata la libertà,  una qualsiasi libertà.
La libertà di stampa, di pensiero, di religione.  Ma la libertà non è qualcosa che si può sconfiggere, il pensiero non lo puoi uccidere, perché faresti peggio. Non esiste arma, nessun proiettile o ascia o spada che possa scalfirla. In fondo la libertà chi l'ha vista mai? Chi l'ha mai incontrata per strada?  Chi l'ha mai colpita a morte su un marciapiede? Nessuno!
Anzi, se possibile tentare di colpirla è fare peggio, è scatenare un effetto domino di dimensioni globali, perché dove prima erano in 11-12 ora sono milioni, dove prima una penna colpiva un foglio ora ci sono migliaia di fogli, dove prima c'era un'idea ora è rimasta.
#speakfreecharlie

domenica 14 dicembre 2014

La chiave del successo

Ieri ho visto un'intervista a Manuel Ginobili. Un'intervista molto semplice, informale, sembra quasi che lui stia parlando con un amico. Usa un tono molto diretto e semplice, non si tratta di una conversazione costruita.

Per chi non lo conoscesse, Manuel Ginobili, è un cestista argentino di origini italiane. Nella sua carriera ha vinto tutto quello che si potesse vincere, Campionati italiani, Coppe Italia, Eurolega e Campionati NBA. Con la propria Nazionale ha vinto Mondiale e Olimpiade. Trovare un atleta, in tutti gli sport, che abbia vinto più di lui è davvero difficile, non se ne trovano tanti.

Dalle sue parti, a Bahia Blanca, lo definiscono un Hombre Vertical, ossia un uomo che segue una certa linea, con determinata coerenza e con forza.

Riporto alcuni tratti della sua intervista:

"Voi vedete che gioco nella NBA, che guadagno tanti soldi, esco nei quotidiani, nelle riviste, in televisione e penserete che sia bello essere così, che una cosa del genere capiti per caso. [..]

Ci siamo dovuti rompere il culo veramente. Da quando avevo 14/15 anni mi sono chiuso in una palestra, mi sono messo ad allenarmi, e abbiamo rinunciato a tante cose e che ne so, per dire, per fare un esempio concreto, il fatto di rinunciare al viaggio con i compagni di scuola alla fine delle superiori perché mi dovevo allenare e giocare, o uscire il fine settimana con gli amici che si divertivano da matti e che il giorno successivo raccontavano tutto quello che avevano fatto e tutto quello che gli era capitato. Lo dovevo sopportare perché io il giorno dopo mi allenavo o giocavo e, io, avevo un obiettivo ben fisso in mente, che era giocare a pallacanestro ed essere il migliore giocatore che potessi arrivare ad essere e credo che queste siano alcune delle ragioni per cui mi sia riuscito tutto. 
Dopo chiaro, bisogna avere la fortuna, il destino o come lo volete chiamare però questo non è solo relativo al basket o allo sport. 
Se voi volete essere dentisti, se volete essere professori, se volete essere quello che volete, è sempre la stessa cosa, bisogna sforzarsi, rompersi il culo, essere rispettosi di quelli che ci insegnano, come dei tuoi compagni, dei tuoi genitori, credo che queste cose sono cose che oggi forse si stanno perdendo un poco, ed è un peccato perchè sono le cose che ti fanno arrivare molto in alto.


Metteteci passione, rispetto e uccidetevi per raggiungere un obiettivo. credo che sia la maniera per arrivare".



Tutti, dentro di noi, sappiamo cosa occorre per raggiungere un determinato obiettivo ma molto spesso ce lo dimentichiamo. Ecco, se a ricordarcelo è un campione del calibro di Manuel Ginobili che usa parole tanto semplici quanto insuperabili, perché non facciamo si che questa diventi anche la nostra prima regola?







martedì 9 dicembre 2014

L'ho rubato.

Qualche tempo fa, all'interno di una scatolina, ho ritrovato un biglietto da visita particolare. 
Rileggerlo mi ha fatto viaggiare nel tempo facendomi ricordare perfettamente come e quando sono entrato in possesso di questo "bigliettino". 
Estate 2005, Camp sportivo di Pallacanestro.
Il mio Coach l'aveva attaccato su un'anta dell'armadio della nostra stanza, un camerone dove dormivamo in undici. 

L'ultimo giorno di Camp decisi di staccarlo e di prenderlo, non avevo alcuna intenzione di lasciarlo lì. Va bene, l'ho rubato, lo ammetto. Il solo pensiero che qualcuno avesse potuto staccarlo senza nemmeno leggerlo mi avrebbe mandato in bestia. Non si trattava di una citazione buttata lì, come se ne vedono tante al giorno d'oggi in tutti i Social Network. Non si trattava di un "banale" insegnamento. Quel bigliettino conteneva, e contiene, un insegnamento di vita, che solo delle persone davvero sagge potevano esprimere con una frase così semplice.
Personalmente la ritengo la citazione, frase, aforisma.. di maggiore ispirazione, col maggiore contenuto e con l'insegnamento più importante che si possa impartire.



"Tutto ciò che hai un giorno o l'altro sarà dato via. Perciò dà adesso, così che la stagione del dare sia la tua, non quella dei tuoi eredi"




Ognuno ne tragga il proprio, personale, insegnamento.

Vi avviso, se volete questo bigliettino dovrete rubarmi il portafogli.
Oppure, stamparlo e leggerlo.
Leggerlo tutti i giorni.

PS: Ringrazio La mia Coach.

domenica 7 dicembre 2014

1 messaggio ricevuto

Nelle ultime settimane si è molto discusso riguardo la novità introdotta da WhatsApp, ossia quella di sapere quando il proprio messaggio è stato letto o meno.
In moltissimi si sono indignati, forse pensando che da quel momento in poi sarebbero stati costretti a rispondere immediatamente perchè il mittente avrebbe visto che loro il messaggio è stato visualizzato.
Personalmente la notizia mi ha lasciato abbastanza indifferente. Credo che occorra del tempo per rispondere ad un messaggio, vuoi per gli impegni, vuoi perché ci vuoi riflettere e selezionare le parole più adatte. 
Sono profondamente convinto che la messaggistica istantanea abbia ridotto, abbondantemente, la qualità delle conversazioni. Nota bene, non voglio affrontare un discorso del tipo: "Ai miei tempi, quando c'erano gli sms...", assolutamente no, provo a spiegarmi.

Mi sono avvicinato al "mondo degli sms" alle medie. Non avevo il cellulare quindi usavo quello di mio padre. Ricordo che con Wind i messaggi costavano 200 Lire però non li pagavi uno ad uno ma al decimo sms inviato ti venivano addebitate 2000 Lire. 
Uno potrebbe dire:"Ah ma 200 Lire, cosa vuoi che siano?". Cosa vuoi che siano?!? 200 Lire equivalevano a 2 Goleador, 4 caramelle Fritz oppure 4 gomme da masticare con le minifigurine dei calciatori. Può sembrare banale ma è tutta qui la differenza. Prima i messaggi si pagavano, tutti. Anche oggi si pagano, ma quanti di voi mandano ancora un sms? Se li mandate è perché in ogni caso sono compresi nel vostro piano tariffario, quindi gratis. Ovviamente tutti quanti adoperiamo WhatsApp, Viber.. perchè sono gratis. 

Si era costretti ad inserire un messaggio, un sentimento, un'emozione, uno stato d'animo... una dichiarazione d'amore in 160 caratteri. Questo vincolo ha indubbiamente incrementato le nostre doti di sintesi ed il nostro lato poetico ma, cosa più importante, ci ha costretto a ragionare e pensare prima di scrivere o rispondere ad un messaggio. Si doveva inserire un concetto importante in un sms (quando proprio era importantissimo si sforava e se ne mandavano due o tre).
Oggi ci si sente quasi obbligati a rispondere immediatamente ad un messaggio e di conseguenza le conversazione scorrono veloci, senza controllo e senza quelle pause necessarie per comprendere meglio il tipo di conversazione. In questo modo le conversazioni hanno perso tanta qualità.

In passato, con gli sms, quando volevi dichiararti ad una ragazza, scrivevi il tuo messaggio, lo cancellavi, lo riscrivevi e forse ne eri più soddisfatto. Poi lo rileggevi ma non ti piaceva quindi lo cancellavi di nuovo. "Glielo metto lo smile? Dai si, lo metto. Ma no, meglio di no, poi consumo 3 caratteri e non riesco a finire la frase. Va bene, metto lo smile però tolgo tutti gli spazi."
Potevano passare decine di minuti prima di aver trovato la versione ottimale. Poi, travolto da qualche secondo di pura follia, inviavi il tuo sms. Successivamente aprivi la cartella dei messaggi inviati ed eri capace di rileggere ciò che avevi scritto fino a che non arrivava la risposta.

Ed è qui il bello. Non avevi la certezza che il messaggio fosse arrivato e tanto meno la certezza che fosse stato letto. A volte aspettavi ore. 
"Le sarà arrivato? L'avrà letto? Oddio, e se l'ha letto, cosa pensa? Perché non risponde? Forse non vuole rispondermi, lo sapevo che era un messaggio troppo stupido"

Quell'attesa lì, nell'incertezza della consegna del messaggio e della conseguente lettura da parte del destinatario, era tremendamente dolce.





E voi? Vi sentite in obbligo di rispondere oppure vi prendete il vostro tempo?


mercoledì 15 ottobre 2014

Semplice, come Amare

Questa volta il post è un po' più serio, ma sono successe cose che meritano di essere trattate e meritano la giusta evidenza.
Nel Sinodo sulla famiglia ci sono state importanti novità per quello che riguarda questo nucleo fondamentale della società moderna.
Il Cardinale Péter Erdő, Arcivescovo di Esztergom-Budapest, ha tenuto la Relatio post disceptationem ( in pratica un riassunto delle puntate precedenti ai non addetti ai lavori) nella quale si è riferito alle situazioni di divorziati e coppie omosessuali nel panorama ecclesiale.
Un importante passo avanti è stato fatto, anzi direi fondamentale, soprattutto per le persone di cultura che individuano nell'omosessualità non un disturbo, una malattia, bensì una forma di amore e di affetto pari a quella eterosessuale (e badate bene, la discriminazione è puramente lessicale...): le coppie gay vanno assistite e seguite, sono riconosciute all'interno della società e vanno sostenute nelle difficoltà che possono incontrare.
Ora, chiaramente ciò non vuol dire che c'è stata l'apertura alle nozze gay in chiesa (ma, d'altronde, mica le coppie gay chiedono questo), ma già il riconoscimento di una sorta di nucleo familiare, seppur allo stato ancora embrionale, è un passo significativo nella storia della Chiesa.
Così come, nella stessa relatio, il cardinale ha speso belle parole perr i divorziati, da sempre additati da molti come colpevoli di qualcosa di inesistente. Hanno gli stessi diritti di poter partecipare aalla vita religiosa di una comunità, sono persone che hanno sbagliato e per questo vanno accolte ed aiutate al massimo. Qui non si parla di prendere in giro la sacralità di un rito, di un sacramento ( in chiesa ci si può sposare, salvo casi particolari, una sola volta, quindi dalla seconda è l'istituzione del matrimonio che verrebbe presa in giro, se fosse), ma si parla di situazioni in cui chiunque di noi potrebbe trovarsi: un errore, o una fatalità, che ci porta a dover rompere un legame sancito di fronte ad una entità più grande di noi, la quale ci ha dotato di libero arbitrio e nel contempo di una natura legata a doppio filo al concetto di sopportazione e rispetto.
Bello. Anzi, bellissimo. La famiglia 3.0, quella fondata sull'amore, sul sentimento e non sulla carnalità della cosa.
Stupendo. Anzi, era ora. L'apertura ai divorziati, a chi sa di aver commesso un errore ma vuole essere riaccolto, e non ci sarebbero motivi per non esserlo. chi vuole risorgere da un evento che, nel bene o nel male, ha segnato la propria vita, ha portato la sofferenza, ha fatto conoscere il proprio limite.
Poi sì, ci sono le eccezioni, ma non sono loro che devono fare la regola, non è la coppia gay esibizionista o piuttosto la Liz Taylor di turno.
E' il vostro figlio, che ha paura di dichiarare e vivere la propria sessualità.
Sono i vostri genitori, che litigano al piano di sopra e ora possono trovare la forza di dire basta ad una sofferenza perpetrata e perdurata, soprattutto nei confronti di chi li ascolta.
E' la vittoria di chi pensa che la Chiesa sia rimasta ancora a 2000 anni fa, di chi pensa ancora agli spergiuri obbligati di Galileo, alle condanne lapidarie delle prostitute.
E' la vittoria di notizie che sono state date di sfuggita alla radio e alla tv, mentre di preti pedofili si iperbolizzano le gesta (condannabili, è vero, ma bisogna mettere in evidenza sia il cattivo sia il buono).
E' la vittoria della semplicità dell'amore, che non deve essere complicato di stupide dissertazioni omofobe. Perchè è solo amore e basta, perchè i sillogismi del rasoio di Occam non sbagliano (quasi) mai.

Bello. Anzi, Vero.

















giovedì 25 settembre 2014

Basta la parola!

Beh, le vacanze sono finite ed è giunto il momento di tornare a scrivere qualcosa.
In realtà non esiste un momento vero e proprio, ma sapete che se non trovo l' "ispirazione" non scrivo per tenere per forza aggiornato un sito.
Vabbé. Oltre a tutto ciò sapete anche benissimo che non sono uno che ritiene casuali le cose, ma piuttosto le ritiene causali, e in fondo legate l'una con l'altra.
Voglio invitarvi ad un esperimento:dovete pensare se c'è una parola che, in fondo, ha caratterizzato un certo periodo di tempo; sapete, le parole si possono presentare in svariati modi, in svariate forme, talvolta fisiche e talvolta più "figurate" o metaforiche.
Beh, la parola che ha caratterizzato la mia settimana è stata "piega", e siccome nulla accade per caso penso che questa parola sia legata ai miei pensieri settimanali.
Vedete, guardandovi intorno vi accorgerete che quel ronzio che sentite in testa, quel pensiero fisso che vi attanaglia, quel concetto che vi spinge a riflettere o quel problema che dovete risolvere ha un nome, e anche se volete scansarlo se il destino ve lo ha messo davanti non potrete farci nulla:è lì.
Riprendiamo il discorso: la piega può avere vari significati, e ora capirete come si è ripresentata in varie salse, e mi ha portato a pensare al concetto che vi sto esponendo in questo post, ossia che ogni periodo della vostra vita e della mia è e può essere caratterizzato da una parola.
Per tutti il pensiero del futuro è forte, tutti ogni volta che fanno qualcosa sono proiettati in avanti, tutti danno per scontato che il Sole sorgerà anche domani, e tutti si chiedono, in un momento di cambiamento, quale piega prenderà la propria vita. Beh, è proprio da questo pensiero che è iniziato il tragitto, che poi è andato avanti quando mia madre ha preso a stirare con la nuova pressa da stiro, ha iniziato con facilità ad allisciare qualsiasi piega, a spianare camicie e magliette che hanno un inizio e una fine, un colletto, delle maniche, un bordo. Hanno un punto dove infilare la testa, delle parti per le braccia, e un tronco centrale che copre il cuore dalle intemperie. In fondo, stirare vuol dire condurre ad un percorso normale qualcosa che non stava più come prima, e qualcosa che ogni volta presenta pieghe diverse che scegliamo di stirare, altrimenti non si può indossare un capo a testa alta.
Eh sì, la settimana è poi andata avanti, e altre pieghe si sono poste davanti ai miei occhi: quale piega prenderà la compagnia teatrale, le meravigliose pieghe degli iphone (e qui ho riso proprio tanto), ecc... ma proprio lavando i piatti ho pensato che, forse, ogni nostra settimana, ogni periodo importante della nostra vita possa essere fondamentalmente riassunto, racchiuso in una parola, con significati dei più svariati, con sfumature dolci e meno dolci.
Vi spingo a pensare alla vostra settimana, a quello che avete trovato la mattina a lavoro, al gusto di caramelle o chewing gum che avete scelto in questi giorni, al gelato mangiato o che mangerete, al concetto che vi riempie la mente, alla prima parola che vi balza in testa. Ecco, quella è la parola della vostra settimana.