mercoledì 4 giugno 2014

Esposto...

Aspetta…aspetta…regolo F aumento il tempo di scatto, l’esposimetro sta a +0.3 iso 400…aspetta…aspetta…

Click.

In una frazione di secondo, 1/500 o anche meno, una immagine è impressa su un sensore, e quasi istantaneamente compare davanti ai nostri occhi attraverso uno schermo lcd.
Pensate, pensate se le tanto amate "ciribiribì" Kodak da 24 scatti o 36 ( che poi erano sempre un po’ di più) ci avessero permesso tanto nel piccolo spazio del loro giallo.
Pensate se i rullini fossero ancora tra noi: quante foto in meno di aperitivi avremmo, quante macro di olive in meno avremmo, quante meno sfocature, quanti meno tentativi di cogliere un attimo avremmo.
Forse è anche per questo che prima non sentivo il bisogno della fotografia. Mi mancava il brivido dell’istante, la vedevo come qualcosa relegata ad un momento posato o atteso troppo a lungo, troppo poco spontaneo…poi la magia del digitale ha cambiato tutto, ma soprattutto la consapevolezza che davanti ai nostri occhi ogni giorno si presentano dei veri e propri quadri che meriterebbero di essere impressi.
Eh si, lo meriterebbero proprio! E allora fate largo alla luce, fatela passare, lasciate che scriva, che firmi il sensore così come firmava lo splendido rullino, lasciate che i fotoni ci bombardino, lasciateli costruire un ricordo in forma binaria! Immagazzinate, trattenete, fermate quell’istante che altrimenti passerebbe come fosse nulla… meravigliatevi dei teli azzurri che l’acqua di una cascata tesse con i lunghi tempi di posa, indagate l’infinitamente piccolo con i macro-obiettivi, lasciate che sia la vostra curiosità a chiudere il diaframma e l’otturatore, perché il bisogno di fotografia, di un certo tipo di fotografia non nasce ai compleanni in casa. Nasce dalla voglia di vedere il mondo da un altro punto di vista, nasce dalla volontà di fermare istanti rapidissimi che la meccanica del nostro essere non potrebbe fissare, ma l’infinità della nostra mente potrebbe immaginare, dalla fame di sapere cosa sta accadendo in quel preciso istante, dalla bramosia di possedere un momento irripetibile.
Il fotografo, in fin dei conti, non è nient’altro che un collezionista di attimi.
Largo allora al roteare delle ghiere come fossero tamburi di rivoltella, pronti allo “shoot” fotografico (simpatico che il verbo sia lo stesso dello sparare, e a tal proposito vi rimando al bellissimo aneddoto della Marylin sparata di Warhol) che non uccide il momento, ma lo fa vostro, con i vostri occhi, con il vostro angolo, con i vostri tempi e aperture e esposizioni. Perché, in fondo, la fotografia è un altro modo di estendere la propria anima oltre i confini del corpo, ma in un certo senso è un rappresentarla con ciò che ci circonda, è darle forma così come si fa con la scrittura. Le lettere diventano pixel e fotoni, l’errore si corregge in revisione, ma se rimane conserva il fascino dell’emotività della composizione di getto.
Ben venga, ben venga la foto corretta in modo stilistica, quella che lascia scrivere la luce.
A noi piace quella i cui autori siamo noi.


Say cheeeese!